Investimenti e tecnologie

Cattura e stoccaggio di CO2, a che punto siamo

Ridurre la concentrazione di CO2 prodotta dagli impianti industriali è una delle strategie per accelerare la transizione energetica. I passi avanti fatti sono innumerevoli, nonostante alcune perplessità

La cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica si sta progressivamente facendo largo tra le tecnologie messe a punto per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera e attenuare il processo di riscaldamento globale. Il processo, in inglese noto come Carbon Capture Storage (CCS), si articola normalmente in due fasi. La prima prevede la cattura della CO2 allo stato liquido contenuta all’interno di camini di emissione di centrali elettriche e da altri grandi impianti industriali. La seconda è quella di stoccaggio, che consiste nell’iniettare l’anidride carbonica ottenuta precedentemente all’interno di formazioni geologiche profonde o di giacimenti di idrocarburi ormai esausti.

La CCS è considerata una delle attività strategiche più promettenti al fine di incentivare la transizione energetica e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Secondo il MISE, l’attività di cattura e sequestro della CO2 avrebbe consentito di ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020.

 

Secondo il MISE, l’attività di cattura e sequestro della CO2 avrebbe consentito di ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020.

Attualmente, i processi di cattura e stoccaggio di biossido di carbonio sono di tre tipologie: post-combustion, che prevede la cattura della CO2 dai gas prodotti a valle di un processo di combustione; oxy-combustion, principalmente utilizzata per il carbone e che prevede l’immissione del combustibile in caldaia con ossigeno al posto dell’aria, aumentando enormemente la concentrazione di CO2 nei fumi, rendendola per questo più “catturabile”; pre-combustion, la tecnologia più promettente sul lungo termine e che consiste nel catturare la CO2 prima della combustione, trasformando il combustibile (gas o carbone) in gas di sintesi e successivamente separando due flussi gassosi: un gas ad alta concentrazione di H2, tipicamente destinato alla combustione, ed anidride carbonica.

 

Come funziona il processo di cattura e stoccaggio di CO2 | The Conversation

Nonostante la crisi economica e sanitaria causata dalla pandemia, gli sforzi profusi per “decarbonizzare” gli impianti sono proseguiti nel corso del 2020. Secondo un report del Global CCS Institute, think tank internazionale che monitora la diffusione delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, la capacità degli impianti operativi e in fase di sviluppo è cresciuta del 33% in tutto il mondo solo nell’ultimo anno. Lo studio sottolinea come gli USA siano il Paese dove attualmente si trova il maggior numero di impianti CCS operativi. Il territorio statunitense ospita 12 dei 17 nuovi impianti commerciali, anche grazie alle politiche che favoriscono l’implementazione della CCS, tra cui il credito d’imposta 45Q e il California Low-Carbon Fuel Standard. Secondo il Global CCS Institute, comunque, la tecnologia sta guadagnando favore anche in Europa e nella regione Asia-Pacifico.

L’Unione Europea considera la CCS una massima priorità per raggiungere gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico fissati per il 2050. Con la direttiva 2009/31/CE, la Commissione Europea ha voluto definire un quadro giuridico che incentivi i singoli Paesi a coordinare gli sforzi per favorire questa attività a livello europeo, facilitando la realizzazione di impianti industriali dotati di tecnologie di cattura e stoccaggio sicuro della CO2.

Con la direttiva 2009/31/CE, la Commissione Europea ha voluto incentivare i singoli Paesi a coordinare gli sforzi per favorire la realizzazione di impianti industriali dotati di tecnologie di cattura e stoccaggio sicuro della CO2.

Tra le tecnologie in via di sviluppo, si distinguono la biofissazione, che si serve delle microalghe per catturare la CO2 (attraverso un’accelerazione dei processi di fotosintesi) e la mineralizzazione, che consiste nella trasformazione in roccia dell’anidride carbonica. Tra i sistemi più all’avanguardia in tal senso c’è quello sviluppato da Climeworks. Nel 2017, la società svizzera iniziò un progetto pilota a Hengill, in Islanda, sfruttando la centrale geotermica di Hellisheidi. L’impianto sfrutta la tecnologia messa a punto da Climeworks in combinazione con CarbFix2, un’iniziativa di ricerca guidata da Reykjavik Energy e finanziata, in parte dal programma Horizon 2020.

 

Dislocazione degli impianti di CCS secondo il Global Status of CCS Report 2020

L’Italia ha acquisito un’importanza crescente, grazie a una posizione geografica favorevole, che la rende un punto di riferimento per i Paesi affacciati sul Mediterraneo. In considerazione di ciò, ENI ha individuato due hub geografici ideali per lo stoccaggio di CO2: uno al largo del Regno Unito e l’altro nel Mare Adriatico. Parallelamente, sta sviluppando quindi i progetti Liverpool Bay e Net Zero Teesside, nel nord-est del Regno Unito e Adriatic Blue, nell’offshore di Ravenna.

Nel caso dell’UK, la licenza di stoccaggio è riservata a un’area situata nella baia di Liverpool, dove, secondo quanto spiega un comunicato stampa di ottobre 2020, ENI intende riutilizzare vecchi giacimenti ormai esausti, riconvertendone le infrastrutture per lo stoccaggio permanente della CO2 catturata nel nord ovest dell’Inghilterra e nel nord del Galles. Nel caso di Adriatic Blue, invece, le analisi preliminari sono cominciate nel 2017. L’inizio della fase dimostrativa è previsto per il 2022, seguito da uno start up industriale nel 2026. Il sito di Ravenna presenta una serie di caratteristiche – in termini di grandezza degli impianti, vicinanza a fonti emissive, riutilizzo di infrastrutture esistenti – che consentono di realizzare un progetto di CCS in tempi brevi e a costi competitivi. Secondo le valutazioni, i grandi giacimenti di gas naturale presenti nell’area, esausti o in via di esaurimento, potranno essere riconvertiti, assicurando una capacità di stoccaggio tra i 300 e i 500 milioni di tonnellate.

L’Italia ha acquisito un’importanza crescente, grazie a una posizione geografica favorevole, che la rende un punto di riferimento per i Paesi affacciati sul Mediterraneo.

Fotobioreattori dell'impianto di biofissazione sperimentale di ENI a Ragusa

Nonostante gli sviluppi in atto restano delle perplessità legate ai possibili effetti del CSS sull’ambiente. Sebbene lo scopo finale sia la protezione del clima, le tecnologie esistenti potrebbero produrre un impatto che ne diminuirebbe i benefici. Un aspetto correlato riguarda la sicurezza dello stoccaggio della CO2 sul lungo periodo. Il dubbio è che la CO2 possa filtrare fuori dalle sedi di stoccaggio, creando un problema più grosso di quello che cerca di risolvere.

In sintesi, i sistemi di cattura e stoccaggio del CO2 progrediscono velocemente, i costi sono in decrescita e migliorano le fattibilità. Da soli questi processi potrebbero non offrire una soluzione definitiva al problema dei cambiamenti climatici, tuttavia, soprattutto se integrati con altre tecnologie, sembrano comunque destinati a rivestire il ruolo di attori primari nella transizione energetica.