Modelli futuri

Il Covid-19 cambierà l’energia?

L’emergenza Covid-19 sembra aver accelerato il passaggio a fonti rinnovabili, soprattutto nei Paesi che avevano già intrapreso questo percorso. Per quelli in via di sviluppo, la strada da fare è ancora lunga

Sin dai primi mesi dell’emergenza, è apparso chiaro che la pandemia avrebbe avuto conseguenze senza precedenti sul settore energetico e sulle emissioni di gas serra. Alcuni studiosi si sono dichiarati ottimisti, sostenendo che nel medio termine sarà possibile accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni o, addirittura, interrompere totalmente la dipendenza dai combustibili fossili.

Lo conferma il World Energy Markets Observatory (WEMO) di Capgemini, che spiega come il calo dei consumi, durante le fasi più acute dell’emergenza, abbia portato alla più significativa riduzione di emissioni di gas serra a livello globale mai registrata dai tempi della Seconda Guerra mondiale. Il calo delle emissioni, circa l’8% nel 2020, è tuttavia fortemente condizionato delle restrizioni alla mobilità e del rallentamento subito dal settore industriale. Si tratta di un risultato parziale, dal momento che, secondo le stime di Capgemini, le emissioni torneranno a crescere con il graduale ritorno alla normalità. Il report mostra inoltre come la produzione e lo stoccaggio di energia prodotta tramite fonti rinnovabili si stiano sviluppando rapidamente, tanto che gli investimenti nel settore rappresentano attualmente più della metà della quota globale destinata alla produzione di energia elettrica. Questo sviluppo ha fatto sì che il costo dell’energia eolica e solare si riducesse del 10% rispetto al 2019.

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Per mantenere e incrementare i risultati raggiunti nel 2020, sarà necessario continuare a supportare le attività di decarbonizzazione, anche attraverso investimenti mirati. L’Europa, non a caso, ha deciso di destinare un terzo dei 750 miliardi Recovery Fund a progetti di sostenibilità e anche i piani degli Stati membri prevedono di indirizzare buona parte delle risorse in tal senso.

Gli osservatori ritengono che la cifra stanziata sia molto rilevante, tuttavia sarà cruciale verificare come verranno implementati i piani nei singoli paesi, le attività di monitoraggio che saranno introdotte e il rafforzamento della condizionalità “verde” necessaria per l’assegnazione dei fondi.

L’Europa ha deciso di destinare un terzo dei 750 miliardi Recovery Fund a progetti di sostenibilità.

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In Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resistenza (Recovery Plan) prevede di incrementare la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili in ottemperanza degli obiettivi europei, attraverso interventi mirati su più fronti. Tra i principali, lo sviluppo di parchi eolici e fotovoltaici offshore, oltre che il potenziamento e la progressiva digitalizzazione delle infrastrutture di rete elettrica.

In una recente pubblicazione, i ricercatori dell’Institute for Advanced Sustainability Studies di Potsdam hanno reso noto l’impatto globale della pandemia sul settore energetico, concentrando l’attenzione sul fatto che, mentre i leader della transizione energetica proseguiranno le proprie attività senza troppi cambiamenti, i Paesi a basso e medio reddito avranno invece bisogno di maggior sostegno nel processo di decarbonizzazione.

In Europa, per esempio, il Green Deal ha permesso a molti Paesi di accelerare l’abbandono di combustibili fossili, tuttavia la crisi economica provocata dal Covid-19 rischia di ostacolare i finanziamenti alle infrastrutture destinate alla produzione di energie rinnovabili. In un certo numero di Paesi facenti parte del G20, infatti, parte di questi investimenti è stato destinato alle attività tradizionali.

 

In Italia, il Recovery Plan prevede di incrementare la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili attraverso interventi mirati su più fronti.

Nei Paesi le cui economie sono ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili, i governi hanno scelto di sostenere questi settori: è il caso dell’Indonesia dove si è scelto di sostenere l’industria del carbone con agevolazioni fiscali, contemporaneamente, i piani per sostituire le vecchie centrali elettriche con nuovi impianti sono stati ridimensionati. In Cina, le autorità provinciali hanno dato priorità agli investimenti nelle centrali a carbone e nelle raffinerie di petrolio, mentre il governo centrale ha continuato ad aumentare i suoi obiettivi di crescita per il settore dell’energia pulita.

La crisi post Covid-19 sembra dunque aver esacerbato l’approccio alla transizione energetica, nella misura in cui ha rafforzato l’impegno dei Paesi già in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici e rallentato, almeno nell’immediato, il cammino dei Paesi in via di sviluppo e più dipendenti dall’energia fossile.