Modelli futuri

L’importanza degli oceani

Sono infatti un prezioso alleato nella lotta al cambiamento climatico, ancora piuttosto sottovalutato

La maggior parte dei Paesi ha fissato obiettivi climatici relativi alle attività che si svolgono sulla terraferma. Non ne esistono di altrettanto strutturati e ambiziosi per quel che riguarda gli oceani. Eppure questi ultimi giocano un ruolo fondamentale nel bilanciare le condizioni delle diverse specie viventi sul pianeta. 

Sin dall’inizio dell’epoca industriale, gli oceani hanno assorbito il 93% del calore e un terzo dell’anidride carbonica (CO) prodotti dall’uomo. L’impatto delle attività industriali, nel complesso, ha provocato l’espansione termica dell’acqua, che è la causa principale dell’innalzamento del livello del mare, della deossigenazione e acidificazione delle acque oceaniche.

Gli oceani svolgono un ruolo fondamentale nel bilanciare le condizioni delle diverse specie viventi sul pianeta.

Da sola, l’industria del trasporto marittimo produce un’impronta di carbonio simile a quella dell’intera Germania. Per fare un paragone pratico, se il trasporto via mare fosse un Paese sarebbe il sesto produttore di emissioni a livello globale. L’agricoltura e la pesca intensiva sono responsabili di un terzo delle emissioni globali mentre l’inquinamento provocato dalla plastica potrebbe influire sulla capacità del plancton di assorbire CO.

Secondo un report dell’Intergovernamental Oceanographic Commission (IOC), tutti questi fattori potrebbero influire sulla capacità di assorbimento di anidride carbonica da parte degli oceani, provocando dunque rilascio di CO nell’atmosfera. 

Foto di Michael Olsen | Unsplash

Durante COP26, il dibattito sugli oceani si è focalizzato sul potenziale di adattamento delle aree costiere al cambiamento climatico e sulla questione dell’innalzamento del livello dei mari. L’accordo finale ha sancito l’importanza degli ecosistemi oceanici, attraverso l’istituzione di un Dialogo sull’oceano e il cambiamento climatico. Si tratta, tuttavia, di misure ancora poco rilevanti. In generale, mancano obiettivi nazionali e requisiti internazionali chiari che obblighino i singoli Paesi a considerare l’impatto delle proprie economie sui territori marittimi. 

Il risultato più promettente è stato aver sottoscritto una nuova dichiarazione, intitolata Because the Ocean, che chiede l’inclusione sistematica degli oceani nell’agenda della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change, UNFCCC) e dell’Accordo di Parigi. Chiaramente, l’impatto effettivo di questa operazione dipenderà da come gli organi dell’UNFCCC risponderanno a queste direttive e dalla loro capacità di estendere gli obblighi ai singoli Stati membri. 

A COP26, il dibattito sugli oceani si è focalizzato sul potenziale di adattamento delle aree costiere al cambiamento climatico e sulla questione dell’innalzamento del livello dei mari. 

Alla fine del 2020, un report pubblicato da The Economist analizza i progressi fatti sul fronte dell’innovazione tecnologica e il loro impatto sulla blue economy. Secondo la definizione 

della Banca Mondiale, per economia blu si intende “l’uso sostenibile delle risorse oceaniche per la crescita economica, il miglioramento dei mezzi di sussistenza e dei posti di lavoro, preservando la salute dell’ecosistema oceanico”. Lo studio mette in luce alcuni fattori abilitanti, in grado di accelerare l’innovazione energetica e sbloccare il potenziale dell’energia prodotta dai mari. 

Una delle principali prospettive riguarderebbe l’adozione su larga scala dell’eolico offshore. Nonostante sia relativamente recente, è una delle fonti di energia rinnovabile in più rapida ascesa. Mentre le dimensioni del mercato sono aumentate, i prezzi dell’energia eolica offshore sono rapidamente diminuiti. Si tratta di un’opzione promettente per la produzione di idrogeno verde, che consentirebbe una forte accelerata verso la tanto agognata neutralità energetica.

Foto di José Duarte

Nel novembre 2020, la Commissione europea ha pubblicato una strategia per sfruttare il potenziale dell’eolico offshore. Questa strategia traccia un percorso per sostituire i combustibili fossili, creando nuove opportunità occupazionali in tutto il continente. Per sostenere gli obiettivi del Green Deal, è infatti necessario che l’industria delle rinnovabili marine aumenti di 5 volte entro il 2030 e di 25 volte entro il 2050. Ovviamente la produzione di energia marina deve avvenire nel rispetto delle attività di pesca e acquacoltura ed essere compatibile con la strategia dell’UE sulla biodiversità degli ecosistemi marini.

Un’altra strategia consiste nello sfruttamento della tidal energy, che consiste nell’utilizzo delle correnti prevedibili prodotte dalle maree, il movimento costante delle onde o le differenze naturali di temperatura e salinità dell’acqua marina. Secondo Mauricio Pereira, Head of Renewable Energy di Bureau Veritas, l’energia prodotta dalle maree ha il potenziale per diventare una delle principali fonti rinnovabili nel mondo e creare nuovi posti di lavoro, riqualificando i lavoratori delle industrie attualmente impiegate nella produzione di combustibili fossili.

La lotta al cambiamento climatico e il processo di transizione energetica non potranno prescindere da un utilizzo consapevole e strategico dell’elemento più diffuso sul pianeta. Soprattutto per i Paesi affacciati sul Mediterraneo, far convergere gli obiettivi della green con quelli della blue economy è l’unica strategia possibile, sia sul piano economico che su quello ambientale.