Alimentare il domani

Marocco, apripista di una rivoluzione sostenibile

Il Paese nordafricano punta a raggiungere il 52% del mix energetico entro il 2030.

Recentemente, il World Economic Forum ha pubblicato l’indice di transizione energetica 2021, che misura il livello di rendimento del sistema energetico di ciascuno dei 115 Paesi presi in esame, valutando parametri di sicurezza, sostenibilità e accessibilità delle risorse. In questa classifica il Marocco si colloca al 66° posto. Primo tra i Paesi del Maghreb, surclassando l’Algeria (79°) e la Tunisia (88°), mentre Libia e Mauritania sono ancora escluse dalla classifica. Nel continente africano, invece, raggiunge il quarto posto, superato solo da Ghana (56°) Namibia (59°) e Kenya (61°).

Stando ai risultati pubblicati dal WEF, il Marocco si colloca tra i Paesi propensi ad avviare una transizione energetica sicura e sostenibile, in virtù dei numerosi investimenti fatti negli ultimi anni. Lo conferma anche un report dell’Arab Petroleum Investment Corporation (Apicorp) sottolineando come, grazie alla presenza di molteplici riserve di gas e ai progressi compiuti sul fronte delle rinnovabili, l’intera area MENA (Middle East and North Africa) è destinata a diventare una regione chiave per l’esportazione di idrogeno blu e verde. Anche la classifica della rivista Route 66 colloca il Paese tra i primi 5 Paesi emergenti in Africa nel 2020.

Il Marocco è tra i Paesi più propensi ad avviare una transizione energetica sicura e sostenibile, in virtù dei numerosi investimenti fatti negli ultimi anni. 

Come riportato dal magazine Atalayar, il Ministro dell’energia,   e dell’ambiente Azaz Rebbah ha informato la camera dei Consiglieri che – entro il 2030 – il Marocco raggiungerà il 52% di mix energetico. Un obiettivo che, secondo Rebbah, potrebbe essere raggiunto anche prima, entro il 2026, se il Paese manterrà la rotta intrapresa, potenziando gli investimenti sul fronte della sostenibilità e della riduzione dell’impatto ambientale.

Tra i punti nevralgici della tabella di marcia ci sono gli investimenti destinati all’idrogeno oltre a ulteriori interventi che riguarderanno il settore dei biocombustibili.

 

Centrale elettrica integrata a ciclo combinato termosolare di Ain Beni Mathar nel nord-est del Marocco.

Secondo Aujourd’hui Le Maroc, già uno studio del 2018 collocava il Marocco tra i sei Paesi che nei prossimi anni mirano a diventare un riferimento internazionale non solo per la produzione ma anche per l’esportazione dell’idrogeno verde. Questo si riflette per esempio nell’accordo sull’idrogeno siglato da Germania e Marocco nel giugno 2020, che prevede che la Repubblica federale sostenga il Marocco nella costruzione di un impianto di produzione di idrogeno e nella successiva produzione di idrogeno verde. Sono già state promesse risorse per 300 milioni di euro, un investimento che permetterà alla Germania di rifornirsi di idrogeno verde dal Marocco in futuro. La strada da fare prima che il Marocco sia in grado di esportare idrogeno verde è ancora lunga e richiederà un potenziamento della produzione di elettricità proveniente da fonti rinnovabili. Nel 2019, solo il 4% di tutta l’elettricità prodotta proveniva da pannelli solari (1.581 GWh), il 12% dall’energia eolica (4.587 GWh) e il 4% dall’energia idroelettrica (1.654 GWh).

La centrale solare di Noor Ouarzazate.

Un’altra problematica riguarda il fatto che il Marocco non possiede risorse idriche sufficienti. Le scarse fonti d’acqua dolce presenti sul territorio sono oggetto di conflitti locali e pongono severi limiti all’agricoltura su piccola scala. Per questo motivo, il Paese sta cercando di estrarre l’acqua dolce necessaria da impianti di desalinizzazione. Ma questi dovranno anche essere alimentati da elettricità pulita, affinché l’idrogeno prodotto possa dirsi veramente “green”. In sostanza, sarà necessario produrre più energia solare.

Anche in vista di ciò, a giugno 2021, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) e il Ministero dell’energia, le miniere e l’ambiente (MEME) del Marocco hanno siglato un accordo per progredire congiuntamente sul fronte delle rinnovabili e per accelerare la transizione energetica.

Sul fronte del fotovoltaico, il Paese può vantare anche la realizzazione dell’imponente impianto solare Noor Ouarzazate, in attività dal 2018. Lo sviluppo di questo gigantesco progetto ibrido, che combina solare termodinamico (Concentrated Solar Power) e fotovoltaico, fa sempre parte della strategia energetica marocchina che mira a ridurre la dipendenza dal gas, di cui attualmente il Paese è uno dei principali importatori in Nord Africa.

Sul fronte del fotovoltaico, il Paese può vantare anche la realizzazione dell’imponente impianto solare Noor Ouarzazate, in attività dal 2018.

Costruito su un’area di più di 3.000 ettari – circa 3.500 campi di calcio – Noor Ouarzazate è attualmente in grado di produrre abbastanza elettricità (580 megawatt), per alimentare una città delle dimensioni di Praga o del doppio di Marrakech. La resa dell’impianto è garantita anche dalla presenza degli specchi parabolici – di cui avevamo parlato qui – sfruttando la posizione strategica alle porte del Sahara occidentale, dove l’irradiazione solare è garantita durante tutto l’anno. Secondo la Banca Mondiale, che ha finanziato la costruzione dell’impianto con un prestito di 400 milioni di dollari combinato con 216 milioni di dollari forniti dal Clean Technology Fund, l’impianto consentirà di ridurre le emissioni di carbonio di 760.000 tonnellate all’anno, il che potrebbe significare una riduzione di 17,5 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio in 25 anni.

Una delle principali limitazioni allo sviluppo dell’energia pulita è dovuta agli altissimi costi di installazione di pannelli solari fotovoltaici. Un recente report pubblicato dall’IEA mostra come l’emergenza Covid-19 abbia reso più costosi gli investimenti in energia pulita, perché buona parte dei finanziamenti sono stati convogliati in attività di contenimento e gestione dell’emergenza.